“L’umanità può vivere senza la scienza, può vivere senza pane,
ma soltanto senza la bellezza non potrebbe più vivere,
perché non ci sarebbe più niente da fare al mondo! …
La scienza stessa non resisterebbe un minuto senza la bellezza.”
(Fëdor Dostoevskij)
La bellezza è un concetto vago, in quanto andrebbe preso in considerazione il contesto a cui questo termine deve essere applicato.
La bellezza riferita ad una donna è diversa da quella riferita ad un uomo. La bellezza riferita alla pittura è diversa da quella di un’automobile.
In tutte queste situazioni e in molte altre cambiano i canoni stessi di riferimento.
La bellezza è un concetto definito, perché indistintamente a quale contesto o forma vogliamo applicarla, se ad un viso, un corpo, una macchina, un’opera d’arte, una costruzione architettonica, un giardino, un tramonto, un fiore, un film, una fotografia e a moltissimi altri oggetti, la bellezza è sempre lì, mutabile nel tempo e nello spazio, ma immutabile nell’appagamento, soddisfazione e benessere che è in grado di offrire, seppur con criteri che possono anche essere molti diversi che portano a sperimentare e giudicare: il bello e il brutto.
Cosa si conosce in verità sulla bellezza?
Sappiamo che il nostro cervello riconosce in modo automatico come gradevoli forme che rispecchiano armonie, simmetrie e proporzioni matematiche. La sezione aurea, ne è un esempio lampante; essa si forma a partire dalla sequenza di numeri scoperti dal matematico italiano Fibonacci, che a loro volta rappresentati geometricamente, creano la spirale di Fibonacci.
Dai pittori di un tempo ai registi e fotografi di oggi, la sezione aurea è stata sovente utilizzata per creare opere, quadri o immagini in genere, che appaiano armoniose e gradevoli ai nostri occhi.
Oggi inoltre si è scoperto che questa sequenza matematica è molto diffusa anche in natura, queste proporzioni le si possono ritrovare in fiori, piante e animali.
Come la sezione aurea da un’indicazione di massima di come la bellezza si possa nascondere tra i numeri, così esistono dei canoni, dei requisiti, degli standard minimi che devono essere soddisfatti affinché un volto oppure un corpo appaia bello.
Ad esempio, un criterio importante che è stato scoperto valuta la distanza tra gli occhi, nei visi giudicati più attraenti tale distanza misura quanto un terzo occhio posto nel mezzo, né più né meno.
Allo stesso modo le proporzioni di naso e bocca e le distanze che intercorrono all’interno dell’ovale del viso, il quale può assumere diverse forme, più o meno arrotondate, trapezoidale o ellittico sono un modo per definire numericamente e geometricamente la percezione estetica di bellezza dei volti.
Esistono quindi dei parametri estetici oggettivi, quali proporzioni, armonie, simmetrie, ma anche uniformità dei colori e luminosità che guidano il nostro sistema percettivo e automaticamente ci indicano, ove i parametri lo suggeriscono, dove si nasconde la bellezza.
Quando però si parla di bellezza riferita all’uomo, ad un corpo nella sua interezza o anche più semplicemente ad aspetti dello stesso, specialmente se riferita alla bellezza femminile, capita che gli stessi canoni mutino nel tempo: così, senza dovere correre indietro nella storia per ricercare le sinuose formosità quale simbolo di ricchezza e bellezza del ‘900, in tempi recenti si può osservare come il modello pin-up, il mito sexy americano fatto di donne con forme procaci e di accesa femminilità tanto in voga nel secondo dopoguerra, lasci il posto negli anni ’60 e ’70 ad una donna più raccolta, tonica, meno appariscente nelle forme, con una ideale di bellezza che via via, a parte il breve cambio di tendenza negli anni ’80, porterà a promuovere una donna longilinea ed esile fino a sfociare nella magrezza disturbante delle modelle da sfilata di oggi.
Ma è veramente questa la bellezza? O sono canoni dettati dalla moda?
La moda con la sua influenza psicologica sociale sul singolo è fautrice stessa di canoni di bellezza. Basti pensare che non solo il tempo ma anche lo spazio e quindi la cultura di riferimento, cambia i canoni stessi di bellezza; nello stesso tempo, ma in luoghi diversi possiamo assistere ad una promozione e quindi una visione di bellezza che si discosta significativamente.
E cosa dire del bello non prettamente riferito alla sfera estetica di una persona?
Il bello celato in una melodia, in una canzone, in un libro, in un film, in un luogo, in una casa?
Se analizziamo la bellezza quale giudizio soggettivo quindi, quale qualità intrinseca di qualcosa o qualcuno, allora il concetto inizia a diventare vago. Le nostre convinzioni, le nostre aspettative, la cultura o anche il periodo storico mutano il concetto di bellezza.
Credo che nessuno sia davvero riuscito a dare una definizione di bellezza che comprenda tutto ciò che è percepito come bello.
La bellezza si può definire in termini soggettivi.
Si può dire “questo per me è bello” e quindi io lo definisco come qualcosa di bello, ma non significa che sia necessariamente bello per tutti.
Anche quando parliamo di una casa bella, dobbiamo sempre riferirlo ad una valutazione soggettiva, come lo sono molte altre esperienze percettive.
Non si può parlare esclusivamente di forme, simmetrie e proporzioni, c’è anche un lato nascosto, un lato inconscio che governa la nostra percezione di bellezza.
Possiamo dire che una casa è bella se soddisfa i bisogni, il senso estetico, la funzionalità, la personalità di chi la abita.
Se colori, arredi, spazi a disposizione, luce, sono in sintonia e in armonia con le persone che condividono quello spazio allora possiamo parlare di bellezza condivisa tra la casa e chi la vive.