Da sempre la casa è considerata il luogo del rifugio, dell’accoglienza e dell’amore. Il luogo dove troviamo pace, dove ridiamo e piangiamo, dove amiamo, dove sperimentiamo protezione e accudimento. E questo lo sperimentiamo fin da quando nasciamo.
Ma cosa succede se proprio all’interno di questo luogo ci troviamo di fronte a brutalità e a violenze che stravolgono il senso profondo del concetto di casa come protezione?
Questa è una realtà che conosciamo attraverso i media, che ci viene raccontata attraverso la cronaca, ma rimane in gran parte una dimensione privata.
La parte visibile di un fenomeno che ha dimensioni molto più grandi di quanto ci si possa immaginare. E’ una realtà in cui la violenza fisica o psicologica, diventa la vera protagonista e si consuma in una dimensione intima e privata, accade tra le mura domestiche ed è difficile da vedere se non entrandovi grazie alle loro vittime, per lo più donne, che con coraggio si ribellano a ciò che non riescono più a sopportare e denunciano ciò che accade all’interno delle loro case che sono diventate prigioni dalle quali è difficile fuggire.
Esiste ancora una sottile e profonda discriminazione che nega alle donne gli stessi diritti degli uomini.
Eppure, quegli uomini sono figli di altre donne. Eppure, quegli uomini sono fratelli, nipoti, parte di una società che ancora, purtroppo, tratta con eccessiva indulgenza l’atteggiamento di prevaricazione maschile, lo sottovaluta, lo minimizza, contribuendo a negare la propria responsabilità.
Nelle storie delle donne che hanno subito violenza si riscontra il difficile e tormentato percorso che ciascuna ha dovuto compiere per accettare in primo luogo la condizione di vittima e dare a sé stessa la possibilità di chiedere aiuto. E quando approdano a questa consapevolezza, devono affrontare prove difficili e non sempre hanno a disposizione la forza necessaria. A volte non vengono credute, spesso viene criticata la loro capacità di reazione e, in caso di denuncia, la loro vita privata viene analizzata, commentata, interpretata.
In caso di violenza psicologica, proprio perché non ci sono ferite visibili, la difficoltà nel dimostrare la realtà della violenza è tutta a carico delle vittime. Essere credute, diventa il primo importante risultato.
Come professionista e come donna, avendo avuto modo di incontrare donne che hanno subito violenza, mi auguro che i nostri incontri siano stati occasioni di confronto positivo e trampolino per un percorso di riscoperta di sé, di nuove risorse e di nuove possibilità personali.
Personalmente, questo giorno che la società dedica alla donna, sollecita una riflessione profonda sull’importanza dell’educazione, del rispetto e della consapevolezza da coltivare in modo particolare con le nuove generazioni, nostri figli, affinché sviluppino un approccio alla differenza fra i generi che risulti armonioso e non discriminante come quello che ancora oggi la nostra società condivide, e sappiano farsi promotori di relazioni basate su rispetto e riconoscimento reciproci.